LA TUTELA UMANITARIA NELL’ ORDINAMENTO ITALIANO
Alla base del fenomeno migratorio possono esservi diverse motivazioni che spingono persone straniere ad approdare in uno stato diverso da quello nativo, ragioni di natura lavorativa, familiare, di natura politica, etnica o religiosa, ed attualmente sembra sempre più esteso lo spostamento di queste persone che lasciano il loro paese d’ origine per recarsi in uno stato straniero.
Il diritto di asilo rientra nella categoria dei diritti fondamentali dell’uomo, la cui tutela è sancita a livello internazionale dall’articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948, con cui si esplicita che ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.
Nell’ ordinamento italiano sono previste tre forme di accoglienza per coloro che provenienti da uno stato diverso, presentano la richiesta di essere accolti all’ interno del territorio nazionale.
In primo lugo si attribuisce lo status di rifugiato a chi presenti un giustificato timore di essere perseguitato per motivi religiosi, raziali o politici e che per tali motivi abbia lasciato il proprio stato di cittadinanza, facendo richiesta di asilo in uno stato aderente alla convenzione internazionale di Ginevra del 1951.
L’ Art. 1 della Convenzione di Ginevra indica i requisiti previsti per il riconoscimento dello status di rifugiato:
“[…] chiunque, nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato”.
E’ prevista inoltre a livello sovranazionale la forma di protezione sussidiaria, recepita dal Decreto legislativo 251/2007 per il cittadino straniero che non sia in possesso di quei requisiti che gli permettano di essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che qualora facesse ritorno nel Paese di origine, potrebbe correre il rischio effettivo di subire un grave danno alla propria incolumità, nel caso in cui fosse vittima di una condanna a morte, una tortura o un’ altra forma di trattamento contrario e lesivo della dignità umana.
Queste sono le due forme di protezione previste sul piano di internazionale che devono essere valide ed opportunamente applicate in tutti i Paesi facenti parte dell’Unione europea.
L’ Italia ha sostituito la precedente normativa avente ad oggetto la forma di protezione umanitaria, con l’ introduzione della protezione speciale tramite l’ emanazione della legge 132 del 2018, successivamente ampliata dalla legge 173 del 2022, che riformulando l’articolo 19 del Testo Unico sull’immigrazione ha aumentato le ipotesi di divieto di espulsione e previsto un permesso di soggiorno della durata di due anni, rinnovabile e convertibile in un permesso di soggiorno per lavoro, al richiedente asilo che non possa ottenere la protezione internazionale.
Questo tipo di protezione viene accordato nelle ipotesi in cui si dovesse verificare il rigetto della domanda di protezione internazionale e ove ricorrano i requisiti indicati dall’ art 19 del Testo Unico sull’ immigrazione, condizioni per cui la Commissione territoriale ritenga sussistente il reale rischio di persecuzione o di tortura in caso di ritorno al paese natio.
L’Italia non è l’unico Paese a prevedere una forma di protezione complementare a quelle sovranazionali per i richiedenti asilo, difatti altri paesi europei prevedono una soluzione di protezione interna rispetto allo status di rifugiato, soluzioni ulteriori rispetto a quelle codificate nel diritto internazionale ed europeo, al fine di aiutare coloro che seppur in grave difficoltà però non rientrano nei parametri previsti delle altre suddette forme di protezione sovranazionali.
Sembra che il governo italiano, intenda abolirle questa protezione speciale o comunque limitare le possibilità di ottenere il permesso per coloro che chiedono di essere accolti all’ interno del nostro stato, asserendo che tali permessi speciali possano essere degli espedienti idonei ad attirare con più facilità gli arrivi delle persone straniere, vista soprattutto la vicinanza geografica rispetto ai paesi da cui fuggono.
Ma in verità i numeri di questo tipo di richieste sono superiori in altri Paesi che non risultano geograficamente di primo approdo, basti considerare i numerosi permessi rilasciati dalla Germania, dalla Spagna che nel 2022 ha garantito più di 20.000 permessi di soggiorno per ragioni umanitarie, l’Irlanda ne ha emessi circa 2.000 ed i Paesi Bassi altrettanti 800.
Dunque poiché sono stati diversi i paesi dell’Unione Europea che hanno provveduto ad assegnare permessi di questo genere, è evidente che circoscrivere il fenomeno dell’immigrazione in Italia alla sola motivazione di una vicinanza geografica ove ottenere la forma di protezione speciale, quale stratagemma per essere accolti in altro stato, risulta un’argomentazione decisamente limitata.
Invece di eliminare tale forma di protezione umanitaria prevista dalla legislazione italiana sarebbe forse opportuno considerare la funzione integrativa che può svolgere il diritto sovranazionale rispetto alle fattispecie già disciplinate attraverso le normative nazionali.
Avv. Noemi Ranaldi