| home |  indietro  |  privacy policy                                           A cura dello Studio Legale Avv. Marco Pepe

  Secondo il Tribunale Aministrativo per il Lazio, sentenza del 31.10.2007,  il  Ministero dell'Interno deve emettere il provvedimento di concessione (o diniego) di cittadinanza alla scadenza del termine di 730 giorni previsto per l'istruttoria della pratica e non può rifiutare il provvedimento senza giustificato motivo.

TAR Lazio, sentenza del 31 ottobre 2007


REPUBBLICA ITALIANA - IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale Del  Lazio (Sezione  Ii Quater)  


ha pronunciato la seguente      

SENTENZA


sul ricorso  n. ...... proposto da G.K.,

rappresentato e difeso dall'avv....

contro

-il Ministero degli interni, in persona del Ministro p.t.,

rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui è domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento

del silenzio-rifiuto sull'istanza volta ad ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana presentata dal  ricorrente in data 10 febbraio 2005;
 

e per la conseguente declaratoria

dell'obbligo dell’amministrazione resistente di provvedere entro il termine di cui all'articolo 21 bis della legge n. 1034/71;

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore alla camera di consiglio del  31 ottobre 2007 il Primo Referendario Floriana Rizzetto;

Uditi, ai preliminari, l'avv. Montieri, per il ricorrente e l'avv. dello Stato Saulino per il Ministero dell'Interno.

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

Il ricorrente, cittadino del Bhutan, premesso di aver presentato alla Prefettura – U.T.G. di Bologna istanza per la concessione della cittadinanza italiana in data 10.2.2005 e, dopo aver ricevuto comunicazione di avvio del procedimento in data 15.2.2005, di non aver avuto nessun ulteriore riscontro da parte dell’amministrazione, né richieste di integrazione della certificazione, nonostante la scadenza del termine di 730 giorni previsto dall'articolo 3 del d.p.r. n. 362/1994, agisce in giudizio per far dichiarare l'illegittimità del silenzio serbato dall'Amministrazione sull'istanza in questione ed ottenere la condanna all'adozione di un provvedimento espresso conclusivo del relativo procedimento ai sensi dell'articolo 21 bis  della legge n.1034/71.

Si è costituita in giudizio l'amministrazione, con memoria scritta rappresentando che la documentazione allegata dall'istante alla domanda di cittadinanza risulta irregolare, in quanto l'estratto dell'atto di nascita ed il certificato penale del Paese di origine del ricorrente non risultano conformi alle prescrizioni in materia di legalizzazione e traduzione di cui all'articolo 33 co.2 e 3 del dpr. 445/2000, che prevede che le firme sugli atti e documenti formati all'estero da autorità estere e da valere nello Stato siano legalizzate dalle Rappresentanze diplomatiche e consolari italiane all'estero, oltrechè tradotte in lingua italiana, certificata conforme alla versione straniera dalle predette autorità o da traduttore giurato.
Al fine di agevolare il ricorrente, evitandogli il disagio di svolgere le suddette pratiche presso la rappresentanza di New Delhi, l'Amministrazione predetta ha richiesto alla Prefettura di Bologna di invitare l'istante a rivolgersi alla Rappresentanza di Ginevra per la regolarizzazione degli atti già depositati.

Tale nota viene impugnata dall'interessato con ricorso per motivi aggiunti, ritualmente notificato e depositato, lamentando di non aver ricevuto, nonostante la scadenza del termine di due anni di cui all'articolo 3 del dpr. 362/1994, alcuna richiesta di regolarizzazione, né la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda di cui all'articolo 10 co.bis della legge n. 241/90; lamenta inoltre la disparità di trattamento nei confronti di altro cittadino bhutanese, cui è stata concessa la cittadinanza italiana.
Chiede l'accertamento della persistente inerzia dell’amministrazione sull'istanza in parola nonché della fondatezza e validità dei due documenti contestati; in subordine, la concessione di un termine al ricorrente per la regolarizzazione degli atti in contestazione e, conseguentemente di assegnare al Ministero dell'Interno un termine per l'emanazione del provvedimento finale.
Alla Camera di Consiglio del 31 ottobre 2007 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Il ricorso in esame, sostanzialmente, è volto ad ottenere una pronuncia espressa dell’amministrazione sull'istanza presentata dalla ricorrente ai sensi dell'articolo 21 bis della legge n. 1034/1971.
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
La legge 5.2.1992 n. 91, all'articolo 9, individua le ipotesi in cui

“La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'Interno”.
Il citato D.P.R. n. 362/1994, con il quale è stato approvato il regolamento per la disciplina dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana, all'articolo 3, espressamente prevede che

“Per quanto previsto dagli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il termine per la definizione dei procedimenti  di cui al presente regolamento è di settecentotrenta giorni dalla data di presentazione della domanda”.

A sua volta il D.M. 24.3.1995 n. 228 dispone che
“La tabella A, allegata al D.M. 2 febbraio 1993, n. 284, del Ministro dell'interno di adozione del regolamento di attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, riguardanti i termini di conclusione ed i responsabili dei procedimenti imputati alla competenza degli organi dell’amministrazione centrale e periferica dell'interno, nella parte relativa ai procedimenti di competenza della divisione cittadinanza del servizio cittadinanza affari speciali e patrimoniali della Direzione generale per l'amministrazione generale e per gli affari del personale, è modificata nel senso che i termini finali per la definizione dei provvedimenti di conferimento e di concessione della cittadinanza italiana, di cui rispettivamente agli articoli 5 e 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono fissati in settecentotrenta giorni in luogo di millenovantacinque giorni”.

Alla stregua delle predette disposizioni, pertanto, il Ministero dell'Interno aveva l'obbligo di pronunciarsi entro il richiamato termine di  settecentotrenta giorni dalla data  di presentazione della domanda (10.2.2005).

Detto termine, nella fattispecie in esame, è inutilmente spirato, non essendo stata a tutt'oggi adottata nessuna pronuncia espressa da parte dell’amministrazione, la quale, negli scritti difensivi, ha addotto, quale ragione ostativa, la mancata legalizzazione e traduzione di parte della documentazione da prodotta in allegato alla domanda di concessione della cittadinanza italiana ed ha rappresentato la possibilità per il ricorrente, di effettuare la regolarizzazione dei predetti atti presso la Rappresentanza diplomatica italiana di Ginevra.

Orbene, rileva il Collegio che tali motivi ostativi non possono ritenersi utilmente rappresentati dall'Amministrazione in questa sede, in quanto avrebbero dovuto, piuttosto, essere comunicati dalla Prefettura competente all'istante ai sensi dell'articolo 2 del dpr. 362/1994, il quale al comma secondo prevede che

 “Nel caso di incompletezza o irregolarità della domanda o della relativa documentazione, entro trenta giorni l'autorità invita il richiedente ad integrarla e regolarizzarla, dando le opportune indicazioni ed i termini del procedimento restano interrotti fino all'adempimento”,

precisando al comma successivo che

“Una volta che l'interessato abbia adempiuto a quanto richiesto, l'autorità procede a norma del comma 1, seconda parte. Qualora l'adempimento risulti insufficiente, o la nuova documentazione prodotta sia a sua volta irregolare, l'autorità dichiara inammissibile l'istanza, con provvedimento motivato, dandone comunicazione all'interessato ed al Ministero”.

Ne consegue che il ritardo nell'espletamento, da parte dell’amministrazione intimata, degli adempimenti prescritti dalla normativa in materia costituisce un comportamento inerte ingiustificato, contrastante sia con le specifiche disposizioni sopra richiamate sia con il generale principio di correttezza nei rapporti tra Pubblica Amministrazione e cittadino cui è informata la disciplina del procedimento di cui alla legge n. 241/90, che nel caso in esame, avrebbe dovuto indurre l'amministrazione a riscontrare comunque l'istanza del ricorrente, rappresentando con la dovuta tempestività l'esigenza di regolarizzare la documentazione prodotta.

E' infatti solo da tale momento che, nell'ipotesi di domanda incompleta, detto termine può ritenersi legittimamente interrotto ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del D.M. n. 284/1993 con la richiesta di integrazione della documentazione prodotta dall'interessato.

Il ricorso va pertanto accolto nella parte in cui si chiede la declaratoria dell'obbligo dell’amministrazione di concludere (celermente) l'iter procedimentale, con l'adozione di un provvedimento espresso e, per l'effetto, va dichiarato l'obbligo del Ministero dell'Interno intimato di pronunciarsi con un provvedimento espresso in ordine alla richiesta di cittadinanza italiana presentata dal ricorrente entro il termine di 30 (trenta) giorni dalla ricezione della documentazione nella forma richiesta con la nota impugnata con motivi aggiunti.

La pretesa dell'istante alla declaratoria della fondatezza e della validità dei due documenti in contestazione formulata con i motivi aggiunti risulta invece, oltre che inammissibile in quanto dedotta genericamente, infondata, alla stregua della vigente disciplina sui requisiti formali degli atti provenienti da autorità straniere che l'istante voglia far valere nella Repubblica, dettata dall'articolo 33 co.2 e 3 del dpr. 445/2000.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio, ivi compresi diritti ed onorari.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione II quater, accoglie il ricorso in epigrafe nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, ordina al Ministero dell'Interno di adottare una determinazione esplicita e conclusiva in ordine alla istanza in questione, entro il termine massimo di giorni trenta dalla recezione della documentazione regolarizzata sopra specificata.
Spese, diritti e onorari, compensati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 31 ottobre 2007 con l'intervento dei Magistrati:
il       Presidente, f.f.
il    Consigliere
il     Primo Referendario, est.