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Permesso di soggiorno - sanatoria - Bossi-Fini - Falsità in atti e documenti ai fini del rinnovo - revoca del permesso di soggiorno - la revoca è motivata.

La falsità dei documenti prodotti ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno costituisce giusto motivo per la revoca del permesso di soggiorno da parte dell'Amministrazione


T.A.R. Campania Salerno Sez. I, 26-11-2007, n. 2807

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 6 aprile 2006 e ritualmente depositato il successivo 11 aprile, il Sig. D.M., cittadino cinese, ha impugnato l'atto di cui in epigrafe, invocandone l'annullamento.

Ha premesso che, essendosi avvalso della sanatoria introdotta nel 2002 dalla cd. legge Bossi-Fini (l.n. 189/02) ed intendendo rimanere regolarmente nel territorio italiano, si è rivolto ad una sua connazionale (Sig.ra H.) e quindi ad un'agenzia di Avellino, al fine di essere guidato nell'attivare la pratica amministrativa necessaria al rinnovo del permesso di soggiorno. Orbene, presentata la relativa istanza di rinnovo, la Questura di Avellino, con il decreto in epigrafe, ha invece disposto la revoca del permesso di soggiorno in corso di validità, siccome frutto di documentazione formata falsamente.

Avverso tale determinazione ha quindi dedotto le seguenti censure:

1) violazione del T.U. 189/02, art. 5 lettera f, in quanto il ricorrente, già titolare di permesso di soggiorno, non ha alcun interesse a produrre documenti falsi per conseguirne il rinnovo, richiedendo questo non la residenza (che appunto sarebbe attestata da un documento falso) ma soltanto la dimora abituale che il ricorrente regolarmente ha nel Comune di Solofra;

2) violazione di legge, dei diritti costituzionali, violazioni del giusto procedimento, arbitrarietà, iniquità, in quanto vi sarebbe disparità di trattamento tra il ricorrente e gli altri interessati che hanno proceduto alla presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, con dichiarazione di ospitalità, e l'accusa di falso mossa al ricorrente non è comunque stata accertata mediante una sentenza definitiva di condanna;

3) erronea applicazione della legge, atteso che l'art. 5 comma 8 bis della legge Bossi-Fini non contempla il rinnovo del permesso di soggiorno tra gli atti per i quali si prevede la revoca in caso di falsificazione di documenti necessari ai fini del loro rilascio, mentre non si comprende sulla base di quali elementi si ricava la falsità del contratto di lavoro;

4) eccesso di potere per violazione della legge nazionale, in quanto l'Amministrazione ha violato l'intento del legislatore di condizionare il rilascio del permesso di soggiorno soltanto alla circostanza, nel caso di specie verificatasi, che l'ingresso dello straniero in Italia sia avvenuto regolarmente.

Si conclude, invocando l'annullamento, previa sospensiva, dell'atto impugnato.

Si costituisce in giudizio la difesa erariale, resistendo.

Alla camera di consiglio del 20 aprile 2006 l'istanza di sospensiva è respinta.

Alla pubblica udienza dell'8 novembre 2007, sulle conclusioni delle parti costituite, il ricorso è posto in decisione.

Motivi della decisione

I. La controversia all'esame del Collegio si incentra sulla legittimità, secondo le censure articolate, del decreto emesso, in data 27.03.2006, dal Questore della Provincia di Avellino, con il quale si è disposta la revoca del permesso di soggiorno già rilasciato al ricorrente.

II. Il ricorso è infondato.

Giova premettere, sia pure sinteticamente, i passaggi essenziali della vicenda posta all'attenzione del Collegio.

Dalla documentazione versata in atti risulta che al ricorrente, cittadino cinese, veniva rilasciato in data 27/10/2003 il permesso di soggiorno per motivi di lavoro nr. nr. D252110, ma, essendo di durata annuale, presentava, in prossimità della data di scadenza, istanza di rinnovo che conseguiva esito favorevole, con conseguente nuova scadenza del titolo al 27/10/2006. Successivamente la Questura di Avellino si avvedeva che il ricorrente aveva presentato, in allegato alla predetta istanza, documentazione (certificato di stato di famiglia e di residenza) rivelatasi falsa all'esito degli accertamenti espletati dalla locale Squadra Mobile nell'ambito delle operazioni d'indagini di P.G. denominate "Drago Rosso" e pertanto provvedeva alla revoca del titolo di soggiorno rilasciato dopo la comunicazione di avviso di avvio del relativo procedimento.

Non resta a questo punto che accedere alla disamina delle doglianze rassegnate.

II.1. Con la prima censura, avente peraltro rilievo centrale nell'economia del ricorso, si osserva che il ricorrente non aveva consapevolezza della falsità di detta documentazione anagrafica, atteso che quest'ultima non sarebbe necessaria ai fini del rilascio del titolo richiesto, richiedendosi a tali fini soltanto il requisito della dimora abituale. Siffatta circostanza, si osserva, peraltro sussiste, soggiornando effettivamente il ricorrente nel Comune di Solofra e della stessa è a conoscenza la stessa Amministrazione, tant'è che il decreto oggetto di gravame è stato agevolmente notificato proprio presso tale indirizzo.

Ordunque, premesso - in linea generale - che la falsità della documentazione sulla base della quale è stato rilasciato un provvedimento favorevole costituisce ragione ampiamente sufficiente al suo ritiro (TAR Emilia Romagna, Bologna, I, n. 2681 del 13 ottobre 2006), occorre rilevare, con riferimento al caso di specie, che l'affermazione resa in ricorso circa la pretesa irrilevanza della documentazione presentata ai fini del rilascio del rinnovo del permesso di soggiorno non trova rispondenza nella formula della normativa di riferimento, essendo in questa statuito che "Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora, almeno novanta giorni prima della scadenza nei casi di cui al comma 3-bis, lettera c), sessanta giorni prima nei casi di cui alla lettera b) del medesimo comma 3-bis, e trenta giorni nei restanti casi, ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio e delle diverse condizioni previste dal presente testo unico" (cfr. art. 5, comma 4, d.lgs. 286 del 1998 come modificato dall'art. 5 l. 30.07.2002, n. 189). Invero, si desume dalla testuale previsione di legge che la domanda di rinnovo di permesso di soggiorno deve essere indirizzata al questore della provincia in cui il soggetto extracomunitario ha la sua dimora e non semplicemente "della provincia in cui lo straniero si trova" (cfr. d.lgs 268/98 art. 5, comma 2), come previsto in ordine alla domanda di permesso di soggiorno da parte di chi ha fatto ingresso nel territorio nazionale da non più di otto giorni. In tale ottica si inquadra la successiva previsione di cui all'art. 6 del testo unico, che impone agli stranieri che soggiornano nel territorio dello Stato di comunicare al questore competente per territorio, entro i quindici giorni successivi, le eventuali variazioni del proprio domicilio abituale. A fronte di tale perspicuo disposto normativo risulta che il ricorrente non ha mai dimorato presso l'indirizzo indicato nella originaria istanza di regolarizzazione ai sensi della legge Bossi-Fini (Solofra, via F.Guarini CV.2) presso il quale difatti l'Amministrazione indirizzava la raccomandata a.r. contenente l'avviso di avvio del procedimento di revoca, indirizzo peraltro mai oggetto di comunicazione relativa alla sua variazione da parte dello stesso interessato. Costui, peraltro, venuto a conoscenza dell'attivazione dell'emarginato procedimento di secondo grado, pur presentando memoria difensiva per il tramite del suo difensore, non ha fornito alcuna ulteriore documentazione attestante il possesso dei requisiti richiesti ai fini del rilascio del sospirato provvedimento, e tantomeno ha fornito indicazioni, anche nel corso del presente giudizio, circa il luogo in cui avrebbe fissato la sua nuova dimora abituale. Di conseguenza il ricorrente ha dimostrato di essere privo del citato requisito, richiesto ex lege in sede di rinnovo del permesso di soggiorno, e ciò sia con riguardo al momento in cui il nuovo titolo è stato rilasciato che nel corso dei successivi sviluppi della vicenda, sia procedimentali che processuali. La circostanza difatti evidenziata in ricorso, relativa al buon esito della notifica del provvedimento impugnato presso l'effettivo domicilio della ricorrente nell'ambito del Comune di Solfora, è contraddetta dagli atti di causa, risultando che tale notifica è avvenuta presso gli Uffici della Questura intimata nelle mani del difensore della ricorrente. E ciò a tacere della stessa falsità dei documenti prodotti, come indicato nell'atto oggetto di gravame, siccome "risultati falsi sia per contenuto sia per forma, in quanto contraffatti nei timbri degli enti pubblici, nelle marche apposte sugli stessi e nelle firme degli addetti agli uffici competenti al rilascio" (cfr. informativa della questura di Avellino del 15.12.2005). Le modalità della complessa attività artificiosa posta in essere, con il coinvolgimento di un elevato numero di persone, sia in veste di soggetti attivi che di beneficiari della condotta riscontrata, denota l'attivazione di un vero e proprio circuito criminoso di rilevante allarme sociale, opportunamente sottoposto ad attento e approfondito scandaglio investigativo.

In conclusione, per le ragioni anzidette, la censura in esame è destituita di fondamento.

II.2 La prima censura articolata in sede di secondo motivo, con la quale si lamenta la violazione dell'art. 3 della Costituzione "in quanto si verrebbe a creare una disparità di trattamento tra la ricorrente e gli altri interessati che hanno proceduto alla presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, con dichiarazione di ospitalità" (cfr. pag. 3 del ricorso) va dichiarata preliminarmente inammissibile per genericità, non potendosi desumere dal suo esatto tenore la portata della censura stessa. Essa è comunque da reputare infondata, dovendosi rilevare la particolarità della posizione nella quale versa il ricorrente, alla luce sia della sua irreperibilità che delle cospicue emergenze investigative alle quali la polizia giudiziaria è approdata in ordine alla falsità della documentazione da essa prodotta in sede di rinnovo del permesso di soggiorno. Parimenti infondata è l'ulteriore profilo di censura sollevato, circa la pretesa violazione della cd. presunzione di innocenza, già solo per il fatto che tale principio costituzionale è sancito unicamente con riferimento alle sanzioni penali. Non si può cioé escludere che l'Autorità amministrativa possa porre a fondamento delle sue determinazioni accertamenti da parte degli organi di polizia in ordine a condotte penalmente rilevanti, a prescindere che queste si siano tradotte in una precisa contestazione in sede giudiziaria, ponendosi un'esigenza di salvaguardia immediata dell'interesse pubblico. Nei casi del tipo di quello sottoposto odiernamente all'esame del Collegio si pone in chiara evidenza l'esigenza pubblicistica che persone dedite ad attività criminose possano soggiornare nel territorio dello Stato, in maniera da recare possibile vulnus all'ordine e alla sicurezza pubblica. Come osservato in sede di esame del primo motivo di ricorso, l'Amministrazione ha assunto la determinazione oggetto di gravame a seguito di approfonditi accertamenti, ivi compresa l'assunzione di sommarie informazioni testimoniali, che hanno condotto all'acquisizione di probanti risultati investigativi.

In conclusione, il motivo in esame è infondato.

II.3. Per quanto attiene al terzo motivo di ricorso, va innanzitutto rilevata l'inammissibilità del profilo di censura relativo al contratto di lavoro allegato alla domanda di rinnovo, non essendo calibrato rispetto al tenore motivazionale dell'atto impugnato, che non contiene alcun riferimento a detto documento. Infondato è invece l'altro versante del motivo articolato, non potendosi attribuire alcun rilievo dirimente all'ambito applicativo della norma (penale) di cui al citato art. 5, comma 8 bis, rientrando nella vasta latitudine del potere di autotutela dell'Amministrazione il ritiro degli atti di segno favorevole che risultino rilasciati mercé la presentazione di documenti contraffatti o alterati.

In conclusione, anche il motivo in esame è destituito di fondamento.

II.4. Da quanto argomentato in ordine al primo motivo di ricorso si desume agevolmente l'infondatezza della quarta doglianza articolata riservando la normativa di riferimento una disciplina di diverso tenore tra istanza di permesso di soggiorno e di rinnovo di tale titolo, attribuendo al questore della provincia ove l'interessato ha fissato la sua dimora la competenza a provvedere. Il difetto di essa, con conseguente irreperibilità dell'interessato, ha quindi ineluttabile negativa ricaduta sul buon esito del procedimento.

Per tali considerazioni il ricorso dev'essere respinto, siccome del tutto infondato.

III. Sussistono giusti motivi, stante la particolarità della vicenda, per compensare tra le parti le spese giudiziali.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione I di Salerno, definitivamente decidendo sul ricorso n. 729/06, proposto da D.M., lo respinge, come da motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno, nella Camera di Consiglio dell'8 novembre 2007.