(torna indietro)                    a cura dello studio legale Avv. Marco Pepe                      home
  Cittadinanza- Circolare del Prefetto di Milano Prot. 13.1.3397I A del 18 aprile 2006

   Novità sul  tema della cittadinanza negata ai nati prima del 1948 da madre che aveva sposato un cittadino  straniero. Una Circolare del 18 aprile 2006 del Prefetto di Milano finalmente individua il contrasto con il principio di eguaglianza.


  Come è noto a chi segue la vicenda dei nati prima del 1948 da madre che aveva sposato il cittadino straniero (e perciò avrebbe perduto la cittadinanza) dopo le aperture della Corte di cassazione del 2000, successivamente le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 3331 del 204  hanno stabilito che le sentenze dichiarative di incostituzionalità non si applicano oltre il 1948, data dell'entrata in vigore della Costituzione, perchè il conflitto normativo si è creato da quella data in poi e gli effetti già prodotti restano validi ed efficaci e, di conseguenza, chi è nato prima del 1948 in dette condizioni non ha diritto al riconoscimento della cittadinanza italiana.  

  Più volte avevamo sostenuto dinanzi al giudice la disparità di trattamento che si viene a creare tra i discendenti da uomo e da donna, senza che alcuna motivazione logica supporti tale disparità.  Alcuni giudici  hanno accolto le nostre motivazioni,  (nonostante la decisione delle Sezioni Unite), mentre altri si sono allineati (più facilmente) alle tendenze della Corte di cassazione, richiamandosi a questa  decisione del 2004.

  Finalmente qualcuno, anche  al Ministero dell'Iinterno, comincia a rendersi conto che l'interpretazione restrittiva relativa ai nati prima del 1948, che a differenza dei discedenti da maschio, non vedono riconosciuta la cittadinanza italiana, è affetta da vizi di costituzionalità.

  Difatti, il Prefetto di Milano, riflettendo a proposito della legge 14 dicembre 2000 n.379 con la quale tutti i discendenti delle persone nate e residenti nei territori già dell'Impero austro ungarico (dunque parliamo del 1920) notando che la legge n.379/2000 non distingue tra discendenti da uomo o da donna, ma indica chiaramente "tutti i discendenti", ha rilevato che esisterebbe lesione del principio di eguaglianza tra discendenti da "made austriaca" (che vedono comunque riconosciuta la cittadinanza) e discendenti da madre non di origine austriaca.

  Ma cosa fa il Prefetto di Milano? Con la Circolare del 18 aprile del 2006 indica i criteri da seguire nel riconoscimento della cittadinanza a favore delle persone di origine austriaca e, addirittura forzando il testo della legge, arriva ad interpretarla nel senso che neppure a queste persone competerebbe la cittadinanza italiana, se nate da madre di origine austriaca.
    Tuttavia il Prefetto di Milano dovrà presto vedersela con i giudici che sapranno bene interpretare il testo della legge del 2000, che non distingue certo tra discendenti da uomo o da donna.
   
.  Questo è il testo della Circolare del 18 aprile 2006:


Legge 14 dicembre 2000 n. 379, concernente "Disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residente in territori appartenuti all'Impero austro-ungarico ed ai loro discendenti" - Indirizzi applicativi.

Circolare del Prefetto di Milano Prot. 13.1.3397I A del 18 aprile 2006

Ai Sigg. Sindaci dei comuni della provincia di Milano

Oggetto: Legge 14 dicembre 2000 n. 379, concernente "Disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residente in territori appartenuti all'Impero austro-ungarico ed ai loro discendenti" - Indirizzi applicativi.

Con circolare prefettizia p. n. ed oggetto del 27/03/01 sono state impartite le prime direttive circa le modalità applicative della Legge 14 dicembre 2000 n. 379, concernente "Disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenuti all'Impero austro-ungarico e a i loro discendenti".
In particolare, gli Ufficiali di stato civile dei Comuni di residenza degli interessati o le Autorità diplomatico-consolari italiane per i residenti all'estero sono stati invitati ad accettare le dichiarazioni rese dai soggetti interessati e dai loro discendenti ai sensi del-l'art. 1 della legge, chiarendo che, benché iscritte nei registri di cittadinanza, le stesse sarebbero state efficaci con effetto ex lune solo al termine della procedura di riconoscimento, ove favorevole, esperita da parte degli Organi centrali competenti.  

Non appare superfluo ribadire che destinatari della normativa in argomento sono le persone ed i loro discendenti che risultano emigrate all'estero, ad esclusione della attuale Repubblica austriaca, prima del 16 luglio 1920 ed originarie dei territori già appartenuti all'impero austro-ungarico - costituitesi com'è noto nel 1867 - attualmente facenti parte dello Stato italiano che si identificano con i territori delle attuali province di Trento e Bolzano e, nella Venezia Giulia, con l'attuale provincia di Gorizia e con quelli già italiani ceduti alla Jugoslavia in forza dei Trattati di Pace di Parigi del 10/02/1947 e di Osimo del 10/11/1975 (si veda elenco allegato).
La disciplina in esame indica, pertanto, chiaramente sia i territori di emigrazione, sia l'arco temporale entro cui l'emigrazione ebbe a verificarsi ovvero tra il 25 dicembre 1867, data della costituzione dell'impero austro-ungarico (Ausgleich), ed il 16 luglio 1920, data di efficacia internazionale del Trattato di S. Germano.

   Relativamente al termine "discendenti", deve altresì ritenersi che, in assenza di limitazioni poste dalla legge al grado di parentela, siano da ricomprendervi tutti coloro che dimostrino la discendenza in linea retta dall'avo emigrato all'estero, nell'arco temporale di interesse, originario dei territori indicati.
Inoltre, per l'individuazione degli ulteriori requisiti legittimanti l'applicazione del regime di particolare favore introdotto dalla nuova legge, si ritiene possa farsi riferimento sia alle disposizione pattizie, che hanno riguardano i territori presi in considerazione dal testo legislativo, che alla disciplina vigente all'epoca dei fatti giuridicamente rilevanti ai fini dell'acquisto per nascita del nostro status civitatis.
Per quanto concerne le disposizioni pattizie, richiamate nel teso legislativo, si rileva che il Trattato di S. Germano, all'art. 72, prevedeva per i residenti all'estero, già pertinenti dei territori ceduti all'Italia alla fine della prima guerra mondiale, il diritto di optare per la cittadinanza italiana mediante una dichiarazione di volontà. Tale schema procedurale risulta poi confermato nei Trattati di Parigi del 1947 (art. 19) e di Osimo del 1975 (art. 3) con l'espressa indicazione oltre alla detenzione della residenza in quei territori ad una certa data, dell'ulteriore requisito dell'appartenenza al gruppo linguistico ed etnico italiano.

Inoltre, relativamente ai fatti giuridicamente rilevanti in materia di trasmissione della cittadinanza alla nascita, si osserva che fino al 1 gennaio 1948 le normative che si sono succedute, nel riconoscere lo ius sanguinis, non ne consentivano però la derivazione in via materna.
L'opportunità di attenersi ad un simile quadro di riferimento appare determinata dalla fondata ipotesi che, diversamente, potrebbe delinearsi la illegittimità costituzionale della normativa di che trattasi sotto il profilo del vizio di ragionevolezza delle relative disposizioni e della eventuale disparità di trattamento nei confronti degli altri discendenti di nostri connazionali emigrati all'estero, incorsi successivamente nella perdita del nostro status civitatis.

Peraltro, tenuto conto dell'intricata situazione sotto l'aspetto etnico-linguistico delle aree in questione, il preventivo esame della documentazione da prodursi a corredo delle dichiarazioni di riconoscimento della cittadinanza sarà effettuato da un'apposita Commissione Interministeriale, in analogia alla procedura adottata per i mancati optanti ai sensi dei citati Trattati di Parigi e di Osimo.
La predetta Commissione, istituita con Decreto del Ministro dell'Interno del 2 marzo 2001 e composta da rappresentanti del Ministero degli Affari Esteri, della Giustizia, dell'Università "La Sapienza" di Roma e del Ministero dell'Interno, si è riunita in data recente ed ha individuato, in linea di massima, la documentazione sulla base della quale sarà effettuato l'accertamento del possesso dei requisiti previsti dalla legge, nonché di quelli ulteriori, come sopra evidenziato, derivanti dal quadro di riferimento ai citati Trattati, con particolare riguardo all'accertamento dell'appartenenza al gruppo linguistico ed etnico italiano.
Ne consegue che il riconoscimento della cittadinanza sarà effettuato dal Ministero dell'Interno sulla base del preventivo avviso rilasciato dalla predetta Commissione.


Al fine, quindi, di acquisire ogni utile elemento in ordine alla sussistenza dei requisiti richiesti, i destinatari della disciplina introdotta dalla Legge n. 379 del 2000 dovranno produrre presso l'Ufficiale dello stato civile del Comune interessato o presso la competente Autorità consolare italiana, in caso di residenza all'estero, i seguenti documenti:
1) atto di nascita, possibilmente su modello internazionale;
2) certificato di residenza attuale;
3) documentazione idonea a dimostrare la nascita e la residenza nei territori presi in considerazione dalla legge ovvero la discendenza da soggetto originario di tali zone: in quest'ultimo caso andrà esibita idonea documentazione a dimostrazione della nascita e della residenza in quei territori del dante causa;
4) documentazione idonea a dimostrare l'emigrazione nell'arco temporale compreso tra l'anno 1867 ed il 1920 (passaporto o lasciapassare, documentazione attestante il trasferimento o il mantenimento all'estero della residenza nel periodo indicato);
5) certificazione attestante il possesso della cittadinanza straniera;
6) attestazione rilasciata da Circoli, Associazioni, Comunità di italiani presenti nel luogo (estero) di residenza, contenente elementi idonei ad evidenziare l'italianità dell'interessato quali i seguenti:
a) livello di notorietà dell'appartenenza al gruppo etnico-linguistico italiano da parte dell'interessato e dei suoi ascendenti;
b) dichiarazione di appartenenza nazionale;
e) data di iscrizione all'organismo che rilascia l'attestazione;
7) ogni altra utile documentazione comprovante l'appartenenza al gruppo etnico-linguistico italiano (ad esempio copie autenticate di attestati di frequenza di scuole di lingua italiana o pagelle scolastiche, corrispondenza familiare ecc.).

Per quanto concerne la ventilata ipotesi che possano essere rese autocertificazioni in luogo dei documenti originali da esibire da parte degli interessati a corredo delle dichiarazioni, si ritiene ad evidenziare che, nei casi in cui si tratti di cittadini stranieri non co-munitari residenti all'estero, gli stessi non possono rendere dichiarazioni sostitutive della documentazione indicata.

L'Ufficiale dello stato civile ovvero l'Autorità diplomatica o consolare, raccolta la dichiarazione mediante l'iscrizione negli appositi registri di cittadinanza, ne trasmetterà copia, unitamente alla documentazione prodotta dall'interessato, al Ministero dell'Interno, competente ad emanare la comunicazione in ordine alla sussistenza in capo all'interessato o al di lui discendente dei requisiti e delle condizioni richieste per il riconoscimento della cittadinanza italiana.

Ove il dichiarante non abbia prodotto, in tutto o in parte, la prescritta documentazione, l'Autorità competente ai sensi dell'art. 26 del DPR 13 novembre 2000 n. 369 lo inviterà a presentarla nel più breve tempo possibile, fissando un congrue periodo di tempo, ferma restando la validità, a tutti gli effetti, della data di presentazione della dichiarazione.
Decorso il termine assegnato, in caso di inadempimento, la documentazione prodotta, anche se incompleta, verrà comunque inviata.
L'Autorità che ha ricevuto la dichiarazione, i cui effetti sono da ritenersi sospesi fino all'emanazione della comunicazione dell'esito dell'accertamento, nel trasmetterla al Ministero dell'Interno vorrà esprimere il proprio motivato parere in ordine alla sussistenza in capo all'interessato, o al di lui discendente, dei requisiti e delle condizioni richieste per la configurazione del diritto ad ottenere il beneficio invocato.
Per le dichiarazioni rese in Italia, l'Ufficiale dello Stato Civile, ricevuta la comunicazione ministeriale riguardante l'esito dell'accertamento, ne farà annotazione in calce all'atto di nascita del dichiarante, dopo averlo trascritto.
Per le dichiarazioni raccolte all'estero, l'Autorità diplomatica o consolare trasmetterà copia della dichiarazione e della comunicazione dell'esito dell'accertamento ministeriale all'Ufficiale dello stato civile del Comune italiano - da individuarsi ai sensi del medesimo art. 26, 1° comma, 2° periodo del DPR n. 396 - che prowederà alla loro annotazione sull'atto di nascita dell'interessato ed ai conseguenti adempimenti anagrafici, ai sensi del citato art. 26, 2° comma.
Della definizione di tali incombenze dovrà essere data notizia al Ministero dell'Interno, al Ministero degli Affari Esteri, al Ministero della Giustizia, alla scrivente Prefettura ed alle locali Autorità di P.S.
Si precisa che il riconoscimento della cittadinanza avrà effetto dal giorno successivo a quello in cui la dichiarazione è stata resa, così come previsto dall'art. 15 della Legge 5 febbraio 1992 n. 91 sulla cittadinanza.
Ciò premesso, si invitano le SS. LL. a voler provvedere alla massima diffusione della presente circolare presso i competenti Uffici di stato civile ai fini dell'esatta osservanza degli orientamenti sopra evidenziati.

Si ringrazia per la disponibilità.

p. Il prefetto II vice prefetto