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In memoria dell'Avv. Giorgio Rognetta: la PEC per le notifiche in proprio degli avvocati

L'Avv. Giorgio Rognetta, che ha dato vita al Circolo dei Giuristi telematici, è purtroppo venuto a mancare nel mese di agosto 2014. Pubblico questo suo articolo, tratto dal suo blog http://www.firmadigitale.net/ .

La PEC per le notifiche in proprio degli avvocati: legge 53/1994 e
regole tecniche PCT
Autore: Giorgio Rognetta (12 ottobre 2012)

1. Premessa

L’art. 18 delle regole tecniche sul processo civile telematico (PCT),
contenute nel D.M. 21.2.2011 n. 44, consente agli avvocati,
autorizzati ai sensi della legge 21.1.1994 n. 53, di eseguire le
notifiche tramite PEC; il predetto art. 18 non richiede ulteriori
specifiche tecniche e, pertanto, appare immediatamente attuabile.
Occorre peraltro precisare che, dopo il D.M. n. 44/2011, è
intervenuta la legge 12.11.2011 n. 183, che ha modificato la legge n.
53/1994 introducendo espressamente la PEC quale strumento utile
per le notifiche degli avvocati autorizzati. Analizziamo questo
quadro normativo partendo dall’art. 18 delle regole tecniche e, di
seguito, le novità derivanti dalla legge n. 183/2011.

2. Art. 18 regole tecniche PCT.

a) la PEC utilizzabile

L’art. 18 si riferisce solo ai soggetti abilitati esterni e, in particolare,
ai difensori delle parti private o pubbliche, secondo quanto precisato
nell’art. 1, lettera m) delle regole tecniche. Di questi soggetti occorre
utilizzare esclusivamente le PEC risultanti nel registro generale
degli indirizzi elettronici (REGINDE), perché solo queste
garantiscono la certificazione dello status di difensore nel PCT;
quindi l’avvocato che intenda procedere ad una notifica ai sensi
dell’art. 18 dovrà consultare previamente il REGINDE per
individuare la PEC del difensore destinatario; inoltre anche la PEC
dell’avvocato mittente dovrà essere iscritta nel REGINDE.

b) la copia informatica dell’atto da notificare

L’art. 18 precisa che la notifica si effettua “anche previa estrazione
di copia informatica del documento cartaceo”; a tal fine l’avvocato
“trasmette copia informatica dell’atto sottoscritta con firma
digitale”. Occorre, quindi, precisare in cosa consista la suddetta
“copia informatica”: distinguiamo a tal fine due ipotesi.

Prima ipotesi: il documento da notificare è un atto difensivo
predisposto dall’avvocato.

Questo atto, ove possibile, può nascere in originale informatico; in
tal caso più correttamente si dovrebbe parlare di duplicato
informatico, anziché di copia, ai fini della successiva notifica; se
invece l’atto difensivo nasce cartaceo, l’avvocato potrebbe estrarre
una copia informatica c.d. “per immagine”. L’avvocato potrebbe
quindi apporre la sua firma digitale e procedere alla notifica tramite
PEC, certificando nella relata di spedire una copia conforme.

Seconda ipotesi: il documento da notificare è un provvedimento
giudiziale.

In tal caso l’avvocato dispone del provvedimento dichiarato
conforme (su supporto cartaceo) dal cancelliere; quindi, l’avvocato
dovrebbe estrarre la “copia informatica” dei documenti cartacei
autenticati dal cancelliere ma otterrebbe, così, solo delle copie
informatiche per immagine non conformi. Ci sembra che il
passaggio non affrontato adeguatamente dall’art. 18 sia proprio
questo: l’avvocato può certificare nella relata di spedire una copia
conforme all’originale informatico in suo possesso, ma tale
originale informatico in realtà è solo una “copia informatica per
immagine” di un originale cartaceo. E’ sufficiente la firma digitale
dell’avvocato notificante per ottenere una conformità all’originale
cartaceo? Su tale delicato punto l’art. 18 avrebbe dovuto essere
chiaro. In generale, per attestare la conformità della copia
informatica all’originale cartaceo, si richiede sempre la firma
digitale del pubblico ufficiale: ciò è richiesto sia nelle regole
tecniche del PCT, sia nella disciplina generale delle copie
informatiche contenuta nel codice dell’amministrazione digitale.
Pertanto, a rigore, ci vorrebbe l’attestazione di conformità
all’originale con la firma digitale del cancelliere, ai sensi dell’art. 21
comma 3 delle regole tecniche del PCT; il difensore potrebbe quindi
apporre anche la sua firma digitale, e procedere alla notifica della
copia informatica. Peraltro le successive specifiche tecniche del
18.7.2011 prevedono ulteriori adempimenti per le copie
informatiche conformi, rendendo di fatto al momento impraticabile
questa possibilità (si veda l’art. 23 e, in particolare, il c.d.
contrassegno elettronico in forma di codice bidimensionale).
Occorre in sostanza ritenere almeno parzialmente inapplicabili le
specifiche tecniche del 18.7.2011 alle procedure di cui all’art. 18: si
pensi anche ai limiti di formato, secondo cui l’atto del processo non
può derivare da una scansione di immagini, ma deve essere un PDF
ottenuto dalla trasformazione di un documento testuale.

c) la verifica del certificato di firma e i problemi di validazione
temporale

L’avvocato notificante dovrà scrupolosamente verificare la
perdurante validità del suo certificato di firma digitale, prima di
firmare l’atto da notificare; ciò anche per la necessità di fornire al
giudice gli elementi di valutazione della regolarità informatica della
notifica che, è bene ricordare, potrà avvenire anche in tempi non
vicini al momento della stessa notifica. In questo lasso temporale si
potranno verificare ipotesi di cessazione della validità del certificato
di firma dell’avvocato notificante (ad esempio per scadenza o
revoca) e, quindi, occorre che l’avvocato si cauteli contro tali rischi.
Se la firma digitale è apposta con un certificato valido al momento
dell’invio tramite PEC, questa costituisce, in base alle regole
tecniche sul documento informatico (DPCM 30.3.2009),
riferimento temporale opponibile ai terzi e, quindi, una data certa
che consente di provare la validità della firma digitale dell’avvocato
anche se, al momento della verifica da parte del giudice, il relativo
certificato nel frattempo è scaduto o revocato. Un altro problema
potrebbe sorgere con riferimento al certificato di firma apposto dal
gestore della PEC: anche tale certificato ha una scadenza, pertanto
occorre cristallizzare innanzi al giudice la validità temporale dei
certificati connessi alla notifica. Ma in quale modo si può offrire al
giudice una concreta possibilità di verifica? L’art. 18 nulla dice sul
punto, quindi proviamo di seguito a rispondere a tale quesito.

d) cosa produrre in giudizio dopo la notifica

Trattandosi di documento informatico firmato digitalmente e
allegato alla PEC con firma del gestore, occorre produrre le relative
evidenze informatiche, essendo altrimenti impossibile, per il giudice,
effettuare una verifica dei certificati. In effetti, una scrupolosa
verifica della regolarità della firma digitale dell’avvocato notificante
e del certificato del gestore di PEC presuppone una procedura on
line, cioè avere la disponibilità almeno di un PC connesso in Internet
e di un verificatore di firma digitale. A seguito della verifica on line,
occorrerebbe dare atto a verbale della validità dei certificati, in modo
da cristallizzare il momento di tale validità e porsi al riparo da
successivi eventi che possano compromettere la validità degli stessi
certificati (in media la durata di un processo supera quella della
validità di un certificato di firma). Un problema, in questa occasione,
deriva dalla disposizione di cui all’art. 18, secondo cui la notifica si
intende perfezionata con la c.d. ricevuta breve di avvenuta consegna.
Attenendosi alla lettera di questa disposizione, l’avvocato notificante
dovrebbe produrre in giudizio la PEC con tale ricevuta breve; ma
tale tipo di ricevuta non restituisce l’intero allegato (cioè l’intero
atto con firma digitale), ma solo un suo estratto codificato, la cui
verifica richiede peculiari competenze tecniche e non consente al
giudice di associare immediatamente la PEC all’atto notificato. Ciò
complicherebbe ancora di più la concreta possibilità di verificare la
regolarità della notifica: riteniamo, pertanto, che sia opportuno per
l’avvocato notificante impostare la notifica della PEC con la c.d.
ricevuta completa di avvenuta consegna, in modo da poter produrre
tale ricevuta con l’intero atto notificato, e non soltanto un suo
estratto. Certamente ciò non corrisponde alla lettera dell’art. 18, ma
nelle regole tecniche della PEC (Decreto 2.11.2005) la ricevuta
completa della PEC è gerarchicamente superiore a quella breve,
pertanto non dovrebbe ritenersi violata la disposizione dell’art. 18.

Ad integrazione dei suddetti documenti informatici, si potrebbe
produrre anche una stampa cartacea dei documenti informatici
notificati, per consentire una immediata percezione del contenuto dei
predetti documenti. Ma cosa si dovrebbe stampare esattamente? Una
risposta ci viene dall’art. 23 del codice dell’amministrazione digitale
che, nel delineare il concetto di copia cartacea di documento
informatico firmato digitalmente, evidenzia come occorra una
conformità all’originale informatico “in tutte le sue componenti”.
Pertanto occorre considerare la struttura complessa, in tutte le sue
componenti, di un atto con firma digitale allegato alla PEC e, di
conseguenza, stampare: l’atto notificato con la relata; il certificato di
firma digitale del notificante; il certificato di firma del gestore di
PEC; le informazioni richieste dall’art. 18 per il corpo del
messaggio; le ricevute della PEC; gli ulteriori dati di certificazione.
Naturalmente non si tratterà di un documento cartaceo conforme
all’originale informatico, ma solo di un aiuto al giudice per un
primo orientamento nelle attività di verifica.

3. La PEC nella legge n. 53/1994.

La possibilità di effettuare le notifiche in proprio tramite PEC era
prevista solo nella suddetta norma tecnica; la legge 183/2011,
quindi, ha modificato la legge 53/1994 inserendo appunto la PEC
quale strumento di notifica “in proprio” degli avvocati. Riteniamo
censurabile, tuttavia, l’omesso coordinamento con l’art. 18 delle
regole tecniche del PCT; infatti, il nuovo art. 4 della legge 53
stabilisce che l’avvocato autorizzato possa eseguire le notifiche
dirette tra avvocati anche tramite PEC, ma l’art. 5, comma 1, precisa
che l’atto debba essere trasmesso a mezzo PEC “all’indirizzo che il
destinatario ha comunicato al proprio ordine, nel rispetto della
normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione,
trasmissione e ricezione dei documenti informatici”.

Per quanto concerne l’individuazione della PEC del destinatario,
sostanzialmente possiamo ritenere che la norma corrisponda a quella
dell’art. 18 delle regole tecniche, poiché la PEC comunicata
dall’avvocato al proprio ordine è quella che viene fatta confluire nel
REGINDE, a seguito di certificazione dell’albo informatico tramite
firma digitale del presidente dell’ordine (o di un suo delegato).

Il problema nasce invece dall’inafferrabile riferimento alla normativa
generale sul documento informatico, di cui è difficile cogliere il
senso, in un contesto tecnico che era già tracciato dall’art. 18: una
interpretazione potrebbe essere che il legislatore non abbia inteso
riferirsi alle regole tecniche del PCT, perché queste presentano
caratteri di specialità che non possono assimilarsi alla normativa
generale sul documento informatico. Sarebbe possibile, dunque, con
la nuova legge 53 aprire un varco alla notifica tramite PEC non
costruita sulla base dei tratti tecnici del citato art. 18, ma sulla base
della normativa generale del documento informatico; una sorta di
binario parallelo per fare entrare nel processo documenti informatici
slegati dai rigidi vincoli del PCT: ad esempio, verrebbero meno i
limiti di formato dell’atto del processo, la necessità delle c.d.
informazioni strutturate, il divieto di scansione per immagini; ci
sarebbe la possibilità di impostare senza problemi la ricevuta
completa di consegna PEC, si potrebbe anche pensare all’utilizzo di
una firma pdf immediatamente leggibile, anziché della firma p7m e
del relativo processo di verifica.

Altra novità riguarda il comma 3 bis della legge 53, che si riferisce
alla possibilità di effettuare la notifica tramite PEC “solo se
l’indirizzo del destinatario risulta da pubblici elenchi”. Il riferimento
qui è alla normativa generale sulla PEC, dalla quale possiamo
desumere che i destinatari di queste notifiche, al momento, possono
essere: le imprese in forma societaria (la cui PEC è dichiarata nel
registro delle imprese; peraltro è prossimo l’allargamento alle
imprese individuali ad opera del decreto “Crescita 2.0″); i
professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con leggi dello Stato
(per gli avvocati si veda invece il citato art. 4); le pubbliche
amministrazioni iscritte nell’IPA.

Il comma 3 bis prosegue precisando, in modo invero infelice, che per
tali notifiche “il notificante procede con le modalità previste dall’art.
149 bis cpc, in quanto compatibili”. Qui si apre un ulteriore
complicato scenario, che non corrisponde a quelli già esaminati, e
cioè né a quello dell’art. 18 delle regole tecniche, né a quello
dell’art. 4 della legge 53. Infatti, l’art. 149 bis cpc si riferisce alle
notifiche tramite PEC effettuate dall’ufficiale giudiziario e quindi,
francamente, non si comprende perché si sia voluto operare un
ulteriore rinvio, sia pure nei limiti della clausola di compatibilità, ad
una norma che prevede l’intermediazione necessaria dell’ufficiale
giudiziario.

A ciò si aggiunga che l’art. 149 bis rinvia a un successivo decreto
del Ministero della giustizia la disciplina tecnica della congiunzione
della relata di notifica all’atto, nonché dell’allegazione delle ricevute
PEC da parte dell’ufficiale giudiziario; ma le specifiche tecniche del
PCT del 18.7.2011, all’art. 19, già disciplinavano le notificazioni
per via telematica, inclusi i profili di congiunzione; quindi anche in
tal caso possiamo lamentare quanto meno un difetto di
coordinamento. Infine, per completare il quadro, è stato inserito
nell’art. 149 bis il solito evanescente richiamo alla “normativa,
anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei
documenti informatici trasmessi in via telematica” che, peraltro,
contraddice anche il rinvio al successivo decreto per una
regolamentazione tecnica speciale: non ci resta che attendere tale
decreto, per scoprire la soluzione del giallo di una norma al
momento inapplicabile.

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Tags: notifiche telematiche, PCT, PEC, Processo telematico

This entry was posted on venerdì, ottobre 12th, 2012 at 09:52
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