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ANTENNA SELVAGGIA IN CONDOMINIO
di Flavio Saltarelli
(Tratto da "Archivio delle Locazioni e del Condominio"

 Casa Editrica LA TRIBUNA n.1 anno 2001 pag. 45)

                    INDICE:
1) Rilevanza penale dell'inquinamento da telefonia cellulare;
2) Inquinamento elettromagnetico e stazioni radio base;
3) Installazione di antenne paraboliche autonome per la ricezione di programmi televisivi da parte del singolo condomino 
4) Come può l'assemblea di condominio approvare la realizzazione dell'impianto centralizzato televisivo satellitare;
5) Manutenzione delle antenne;
6) RADIOAMATORI;
7) Destinazione di un appartamento a stazione televisiva privata

La società moderna risulta ogni giorno sempre più interessata da tecnologie che operano e si sviluppano via etere. Da ciò un sensibile aumento del livello di radiazioni elettro-magnetiche presenti nell'ambiente, conseguenza della creazione di una rete capillare di antenne trasmittenti e del parallelo potenziamento della rete di trasmissione dell'energia elettrica. In assenza di inconfutabili risultati scientifici in ordine alla entità della pericolosità di tali radiazioni si sta così sviluppando una forma di particolare avversione nei confronti di ogni manufatto connesso ad impianti dotati di antenne, sospetto che trae origine dalla natura misteriosa delle radiazioni elettromagnetiche e che sfocia spesso in liti che approdano in tribunale. Liti ancor più frequenti quando il contendere verte sulla installazione di antenne.

Le esigenze legate all'informazione e alle trasmissioni, hanno così messo in evidenza alcuni vuoti normativi che la giurisprudenza sta cercando di tamponare in attesa che la nuova legge quadro sull'inquinamento magnetico ed elettromagnetico ed il relativo regolamento applicativo vengano varati. Ma come è già accaduto con l'emanazione del D.M. 381/98, è prevedibile che la norma non faccia alcuna distinzione tra le varie fonti, limitandosi ad indicare Ì tetti massimi di radiofrequenza consentiti. Allo stato, quel che comunque è certo è che uno degli elementi determinanti, agli effetti dell'inquinamento elettromagnetico, risulta essere il fattore temporale, ossia la durata delle emissioni; elemento che distingue senza alcun dubbio le stazioni radioamatoriali da tutte le altre emittenti radiotelevisive e, soprattutto, dagli impianti per telefonia fìssa e mobile. In effetti, questi ultimi impianti irraggiano nell'etere senza soluzione di continuità, ed è comprensibile che proprio questa loro pericolosità origini maggiori timori sulla possibile nocività dei medesimi.

Altrettanto assodato è poi il mutato atteggiamento della giurisprudenza improntata, in nome della tutela del primario diritto alla salute, ad una sempre maggiore severità di giudizio nei confronti delle fonti di onde elettromagnetiche. A fronte di tutto questo emerge però anche la tendenza a consentire con la massima libertà la installazione in condominio di antenne paraboliche autonome per la ricezione dei canali televisivi satellitari nell'ambito di un pieno esercizio delle facoltà inerenti al diritto all'informazione e al diritto al miglior uso della cosa comune.

Rilevanza penale dell'inquinamento da telefonia cellulare. - In assenza di fattispecie penali codificate ad hoc, la Cassazione non è stata a guardare: i giudici della prima sezione penale hanno, infatti, recentemente confermato il sequestro preventivo di un sistema di antenne per telefonia cellulare, posto su un edificio nel centro di una città lombarda. La decisione della Cassazione, n. 4102/2000, inedita, costituisce un precedente estremamente importante perché fino ad ora era sempre stata esclusa ogni qualsiasi rilevanza penale alle emissioni di onde elettromagnetiche. La Cassazione non ravvisando mai gli estremi del reato previsto dall'art. 674 c.p. che punisce «il getto pericoloso di cose» non aveva sino ad ora ritenuto concreto il pericolo per la pubblica incolumità provocato da campi elettromagnetici. Ma in questo caso la corte di legittimità pur sostenendo che non «è stata data dimostrazione... che siano partite dall'impianto emissioni di onde elettromagnetiche idonee a provocare danni alle persone» ha mantenuto fermo il sequestro degli impianti produttivi le onde elettromagnetiche, ravvisando gli estremi del reato previsto dall'art. 650 c.p., che incrimina l'inosservanza dei provvedimenti dell'autorità «per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o di igiene». Il caso presentava alcune particolarità: in base ad una relazione dell'Ausl, avvalendosi del potere di ordinanza a salvaguardia della salute pubblica, il sindaco aveva infatti ingiunto alla società telefonica di rimuovere l'antenna ritenuta pericolosa, così rispondendo alle istanze dei residenti preoccupati per la loro salute. La società non aveva ritenuto di uniformarsi all'ordinanza sindacale. Di qui la rilevata sussistenza del reato di cui all'ari 650 c.p.

La tutela penale è stata così accordata diciamo in via indiretta, in quanto ha comportato l'inosservanza delle ordinanze in materia emesse dal sindaco (ordinanze comunque ricorribili in via amministrativa). Ma quel che più rileva è, ad avviso di chi scrive, il forte segnale dato dai giudici di legittimità, il fatto che nella motivazione la Cassazione abbia dato espressamente rilevanza alla preoccupazione sociale dei residenti per la propria salute, «preoccupazione -hanno detto i supremi magistrati - causata da emissioni i cui possibili effetti nocivi per la salute umana non sono ancora scientemente definiti con dati certi».                     (up)  

Inquinamento elettromagnetico e stazioni radio base. -Scarsi gli studi «indipendenti» in materia in quanto le ricerche sulle entità della effettiva pericolosità delle radiazioni connesse alla telefonia cellulare sono quasi sempre state promosse da enti o aziende direttamente ed economicamente interessate ai relativi esiti. Ciò premesso - e considerato che gli interessi in campo e in diretto contrasto sono quelli costituzionalmente garantiti della tutela della salute e quelli del diritto all'informazione ed all'iniziativa economica - la giurisprudenza denota un atteggiamento di maggiore severità (rispetto al recente passato) laddove ritiene basti la semplice possibile pericolosità dell'impianto per sanzionare l'illiceità dell'installazione. A conferma si prenda in esame l'ordinanza 25 marzo 1997 della VI sez. del Consiglio di Stato (in Rassegna di giurisprudenza locatizia e condominiale, Confedilizia edizioni, voi. II, 5): «In materia di installazione di stazioni radio base per telefonia cellulare, in presenza di documentazione consistente in una relazione clinica, attestante possibili relazioni tra manifestazioni morbose subite da una persona residente nello stabile e l'attivazione degli impianti, deve cautelarmente essere considerato prevalente l'interesse primario alla salute rispetto ad ogni altro interesse giuridicamente protetto, con conseguente sospensione del provvedimento con il quale vengono dichiarati urgenti i lavori e le opere concernenti l'installazione e l'attivazione dell'impianto. (Fattispecie in cui una stazione radio base per telefonia cellulare era stata installata sul terrazzo di uno stabile condominiale). Tutto questo in base alla priorità della tutela del «bene salute» la quale è prevalente -hanno detto i magistrati - su altri interessi anche semplicemente in via cautelativa.

Degna di nota pure la decisione in argomento del Tribunale di Piacenza il quale, con sentenza 13 febbraio 1998 n. 51 (in Arch. loc. 1998, 420), ha così statuito: «L'installazione di un ripetitore per telefonia cellulare su di un lastrico solare situato in un edifìcio condominiale non costituisce violazione dell'ari. 1122 c.c.., in quanto: a) non sussiste alcun riscontro scientifico della pericolosità di tale impianto per la salute dei condomini; b) la concessionaria del servizio di telefonia presenti all'autorità competente un progetto che attesti come l'impianto suddetto non arrechi danni alla statica dell'edificio».

Sempre in relazione alla pericolosità di tali impianti occorre però rilevare che tra le poche certezze scientifiche raggiunte sembra esservi quella di una maggiore nocività di tale inquinamento (ricadendo le radiazioni ad ombrello) per coloro che risiedono, non immediatamente sotto all'impianto in questione, ma nelle immediate adiacenze. Con la conseguenza kafkiana che i condomini che decidono di rifiutare le allettanti offerte delle aziende di telefonia per installare stazioni radio base sul tetto del loro condominio -oltre a rinunciare agli evidenti ed ovvi vantaggi economici offerti in controprestazione - corrono anche il rischio di vedere tale impianto realizzato magari sullo stabile vicino con la conseguente possibilità di subire maggiormente gli effetti di tali forme inquinanti. Si ritiene quindi che, sulla base dei sovraesposti principi statuiti dal Consiglio di Stato, anche in questi casi sia possibile opporsi giudizialmente all'installazione sul tetto altrui di stazioni radio-base in presenza di un'incontestabile perizia tecnica che provi la effettiva pericolosità dell'impianto erigendo.

Installazione di antenne paraboliche autonome per la ricezione di programmi televisivi da parte del singolo condomino. — Il condominio ha l'obbligo di sopportare l'installazione sul tetto dell'edificio di antenne singole.

Infatti, gli articoli 1 e 3 della L. 6 maggio 1940 n. 554, dettati relativamente alla disciplina degli aerei esterni per audizioni radiofoniche, sono applicabili per analogia anche alle antenne televisive secondo la giurisprudenza dominante (cfr. una per tutte Cass. 25 febbraio 1986, n. 1176, in Arch. loc. 1986,2391). Tali norme combinate con l'art. 232 secondo comma, D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 consentono ad ogni occupante, proprietario o inquilino, di unità immobiliari di appoggiare antenne televisive sui muri e sui tetti dei fabbricati. Si configura, così, in capo a questi soggetti un vero e proprio diritto soggettivo perfetto e di natura personale avente la sua profonda origine nel diritto costituzionalmente garantito (art. 21 Cost.) all'informazione.

Tanto premesso, il diritto all'installazione di antenne ed accessori in condominio può essere compresso e limitato solamente dal pari diritto (art. 1120 comma secondo c.c.) degli altri condomini e dal divieto di menomare in misura non irrilevante il diritto di proprietà di colui che deve eventualmente consentire l'installazione su parte del proprio immobile del manufatto de quo.

Proprio sulla base di analoghe considerazioni la corte di legittimità con sentenza 6 novembre 1995 n. 5399 (in Giur. it. 1987,1,1, 133) ha statuito che, qualora su un terrazzo di uno stabile condominiale sia installata (per volontà della maggioranza dei condomini) un'antenna televisiva centralizzata e un condomino intenda invece installare una propria antenna autonoma (magari satellitare, oggi), l'assemblea dei condomini può vietare tale installazione solo se la medesima pregiudichi l'uso della parte comune da parte degli altri condomini o causi un apprezzabile danno allo stabile. Al di fuori di tali ipotesi, una delibera vietante l'installazione è del tutto nulla, improduttiva di effetti. Con la conseguenza che, non solo non deve essere impugnata dal condomino leso ai fini di renderla inefficace, ma consente al medesimo condomino di far accertare il proprio diritto all'installazione ricorrendo al giudice oltre i termini previsti dall'art. 1137 c.c.

Il problema dell'installazione di antenne autonome in condominio è comunque quanto mai attuale visto il proliferare di programmi televisivi trasmessi via satellite e la nuova tendenza delle emittenti (anche per questioni di qualità della ricezione) di far viaggiare tra le stesse i propri programmi. Chi scrive ritiene che la copiosa giurisprudenza in materia di installazione di antenne autonome non perda valore per il solo fatto che le antenne in questione siano qualificabili come satellitari, anche in considerazione del fatto che tali parabole non sembrano costituire una fonte inquinante maggiore di quella delle semplici antenne. Ed in tale ottica si sono espressi anche i giudici di merito che fino ad ora si sono occupati dell'argomento, i quali hanno ribadito (cfr. ad esempio Pret. Manfredonia 4 maggio 1989, n. 16, Agenzia Ippica c. Condominio Palazzo Largo San Francesco, in Arch. ,loc. 1990, 606) che il diritto di installare su parte comune del condominio un'antenna autonoma, sia essa satellitare che di vecchia concezione, non costituisce un diritto reale su cosa altrui, bensì una facoltà compresa nell'amplissimo diritto primario alla libera manifestazione del pensiero. Un diritto che per la sua natura è addirittura tutelabile in via d'urgenza (ex art. 700 c.p.c.).

Da ultimo, sul punto si segnala che «II diritto di installare un'antenna TV spetta esclusivamente al condomino e all'inquilino dello stabile interessato all'installazione, ma non all'utente che non abita in tale sede. Appare quindi manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità dell’art. 232 D.P.R. 29 marzo 1973 n. 156 nella parte in cui, in violazione dell'ari. 21 Cost., non prevede la possibilità di installare antenne TV anche sui terrazzi degli stabili adiacenti a quello in cui abita l'utente ove questi non capti sufficientemente i segnali televisivi con l'antenna installata sul proprio stabile a causa dell'interclusione di questo ultimo tra edifici più alti (App. Lecce 8 febbraio 1994, in Giur. merito 1994, 425).

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Come può l'assemblea di condominio approvare la realizzazione dell'impianto centralizzato televisivo satellitare. -Sono necessarie diverse maggioranze per deliberare la messa in opera di impianti centralizzati televisivi satellitari destinati e pagati da tutti i condomini. Le maggioranze cambiano, infatti, a seconda che nello stabile già esista o meno un impianto televisivo centralizzato. In caso affermativo, la delibera deve essere approvata con le maggioranze di cui all'art. 1136 comma 1, 2 e 4 c.c. (Trib. Milano 14 settembre 1992, in Vita not. 1993, 1499). In prima convocazione sarà quindi necessaria la presenza di tanti condomini che rappresentino almeno i due terzi del valore dell'edifìcio ed i due terzi dei partecipanti al condominio: la delibera sarà valida ed efficace con un numero di voti pari alla maggioranza degli intervenuti ed almeno alla metà del valore dell'edificio (oltre 500 millesimi). In seconda convocazione non sarà necessaria la presenza di un numero minimo di condomini, ma la delibera dovrà, in ogni caso, essere approvata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti e di oltre 500 millesimi.

Se nell'edificio vi sono solo antenne autonome si tratta di deliberare una vera e propria miglioria ex art. 1120 c.c. diretta al miglior godimento della cosa comune e di conseguenza i condomini dovranno deciderne l'installazione con le maggioranze stabilite dagli artt. 1120 e 1136: in prima convocazione l'assemblea sarà regolarmente costituita con la presenza di tanti condomini pari al due terzi del valore dell'edifìcio ed i due terzi dei partecipanti al condominio. La relativa delibera dovrà essere approvata con un numero di voti favorevole che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio ed i due terzi del valore dell'edifìcio.

   In seconda convocazione la decisione dovrà essere assunta con i voti favorevoli della maggioranza dei partecipanti al condominio che rappresentino i due terzi del valore dell'edificio (oltre 666,6 millesimi).

Tuttavia, alla luce di quanto sovraesposto in tema di diritto all'informazione, nell'ipotesi in cui l'assemblea non abbia raggiunto le maggioranze previste per l'installare o modificare l'impianto centralizzato, gruppi di condomini interessati possono in ogni caso incaricare l'amministratore di fare installare un impianto satellitare limitato alle loro abitazioni accollandosene le relative spese.

Da ultimo, sul punto si evidenzia che i costi per la realizzazione dell'impianto televisivo satellitare centralizzato sono a carico di tutti i proprietari degli appartamenti, salvo concordato, pattizio, concorso da parte degli inquilini.

Manutenzione delle antenne. - La giurisprudenza ha più volte ritenuto (cfr. per tutte Corte App. Milano 30 giugno-1995, in Dir. industr. 1996, 74 con nota di floridia) che sia possibile transitare nell'appartamento condominiale altrui per compiere attività manutentive alla propria antenna stante il presupposto che l'intervento non sia effettuabile in altro modo.

Sempre in argomento si segnala anche una peculiare decisione della Pretura di Roma (13 giugno 1983, Marras c. Salata, in Temi romana 1983, 914) nella quale si ribadisce la facoltà di tutelare in via d'urgenza il proprio diritto all'informazione televisiva anche nell'ipotesi in cui il locatore abbia la necessità di provvedere ad opere di manutenzione sulla medesima antenna e tale intervento sia impedito dal conduttore. L'affermazione della possibilità di utilizzare il rimedio giudiziario de quo, ai di là del caso specifico (contrasto locatore-conduttore) pare pertanto sussistere anche in favore di qualsiasi condomino impedito nell'attività manutentiva - sia ordinaria che straordinaria - da chicchessia.

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Radioamatori. - In materia di antenne ricetrasmittenti si richiamano i principi già sanciti dalla giurisprudenza in tema di antenne dirette alla ricezione di programmi televisivi. In buona sostanza i giudici - considerata l'attività di radioamatore rientrante nel generico diritto all'informazione - hanno ritenuto che i relativi strumenti siano liberamente installabili nei limiti di cui all'art. 1120 c.c. comma secondo e con il doveroso vincolo del divieto di arrecare un danno apprezzabile allo stabile su cui insistono (cfr. Cass. civ. 16 dicembre 1983, n. 7418, in Riv. giur. edilizia 1984, I, 203; Cass. civ. 3 agosto 1990, n. 7825, in Giur. it. 1991,1, 1, 798 e Trib. Roma 27 ottobre 1980, Cond. Via Govoni e. Aladino Spa, in Giur. merito 1982, 321). Conseguentemente si intendono operanti anche gli ulteriori principi già esposti in tema di manutenzione e tutela ex art. 700 c.p.c.

Destinazione di un appartamento a stazione televisiva privata. - Salvo l'esistenza di un espresso divieto in tal senso statuito dal regolamento condominiale, nulla osta a che un condomino decida di destinare il proprio appartamento a stazione televisiva (cfr. Cass. 17 luglio 1980, n. 4677, in Giust. civ. Mass. 1980, fase. 7). E non può nemmeno costituire ostacolo a tale destinazione il generico divieto del regolamento di adibire locali in condominio ad attività che arrechino disturbo alla quiete dei condomini stessi, non essendo l'attività televisiva in quanto tale (come invece la destinazione a discoteca o cinema) potenzialmente dannosa per la tranquillità degli altri occupanti.

(up)                                  FINE